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La ragione pubblica, secondo Rawls, è la strategia con cui una società politica formula  progetti, si pone priorità e prende decisioni . "La ragione pubblica è tipica dei popoli democratici: è la ragione dei cittadini, di coloro che hanno in comune lo stato di uguale cittadinanza . L'oggetto della loro ragione è il bene pubblico, è ciò che la concezione politica della giustizia richiede riguardo alla struttura istituzionale di base della società, nonché  agli scopi e fini di cui essi, i cittadini, devono porsi al servizio" (1) .  La ragione si può, quindi, definire pubblica in quanto è la ragione dei cittadini (del pubblico), soggetta alla giustizia fondamentale (bene pubblico), e "pubblicamente gestita" sulla base di ideali e principi di giustizia politica .


In una società democratica, la ragione pubblica è la ragione di cittadini uguali che esprimono la propria libertà nei limiti della libertà altrui, e la cui associazione ha lo scopo di formulare un sistema di potere, definitivo e coercitivo per ognuno, basato su leggi che si rifanno ad una carta fondamentale: la costituzione . Nella teoria normativa di una società giusta, l'egualitarismo democratico di Rawls occupa lo spazio del  politico (2)  . "Ciò significa che questioni fondamentali come chi abbia il diritto di voto, quali religioni debbano essere tollerate, a chi si debba garantire un'equa uguaglianza delle opportunità, chi debba possedere proprietà, dovranno essere risolte invocando solo valori politici . Sono questi, e altri simili, gli oggetti specifici della ragione pubblica" (3). In altre parole, nonostante le considerazioni religiose, filosofiche e morali degli individui influenzino il modo di porsi dei singoli nei confronti dei problemi politici, è necessario che "l'ideale della ragione pubblica" si fondi sul comportamento di cittadini che sottraggono i valori politici fondamentali (costituzionali) "ai mutevoli calcoli degli interessi sociali o agli esiti contingenti delle aggregazioni maggioritarie di preferenze politiche"(4).

 


 


La relazione politica, fra cittadini democratici, ha luogo all'interno della "struttura di base della società" in cui vivono, o meglio, all'interno di una struttura di potere che esercita la forza coercitiva su coloro (cittadini liberi ed uguali) che  l'hanno costituita . Questo implica, nella visione liberale,  che il potere politico è legittimo  solo se si esercita in base ad una costituzione che i cittadini hanno contribuito a definire (oppure a cui hanno dato il loro assenso) secondo le regole della ragionevolezza e della  razionalità . Il singolo cittadino, però, oltre a legittimare il potere politico, deve mantenere vive le consuetudini che costringono quel potere politico a fare riferimento al pubblico dibattito (l'apertura verso gli altri) per definirsi : il potere politico si esercita tra i cittadini, e non (dalle "roccaforti delle istituzioni ")  sui cittadini .


La ragione pubblica, quindi, si definisce, sempre più precisamente, come il modo in cui cittadini, che agiscono e pensano secondo dottrine ragionevoli, si "autogovernano" . La coscienza civica e politica, infatti, permette al singolo di sentirsi parte integrante di un sistema di potere a cui è soggetto ma che, al contempo, contribuisce a determinare . Se manca, o risulta distorta, la percezione di entrambi i ruoli (dell'esercitare e del subire) nei confronti del potere, ovvero, se il cittadino  non partecipa alla definizione dei limiti della propria libertà, è inevitabile il sentimento di esclusione che ne deriva (cui possono seguire pericolose forme di rivolta) . Per questo,  Rawls si concentra sulle potenzialità di sviluppo democratico di una sfera pubblica i cui membri "devono essere pronti a spiegarsi reciprocamente le basi delle proprie azioni in un modo tale che ciascuno si possa ragionevolmente aspettare che le sue spiegazioni siano accettate dagli altri, perché compatibili con la loro libertà e uguaglianza" (5). La ragione pubblica, così come egli la intende, dovrebbe rappresentare, di volta in volta, una moltitudine di alternative che più favoriscono il bene comune .


Oltre che in positivo, è possibile definire la ragione pubblica a partire da altri tipi di "ragioni" che potrebbero anche negarla, ovvero dalle ragioni non pubbliche . Rawls intende per "ragioni non pubbliche" i vari tipi di associazione (chiese, università, società scientifiche, gruppi professionali, ecc.…) le cui concezioni perseguono fini particolari . La società democratica deve comprendere le ragioni non pubbliche poiché, in questo modo, tutela la libertà di coscienza e di pensiero dell'individuo . Ognuno deve avere la libera competenza di associarsi e di esprimere concezioni religiose, filosofiche e morali che più si confanno alla propria indole . L'importante è che l'interesse particolaristico della ragione non pubblica non miri a violare l'autorità del governo legittimo, poiché, nel momento in cui ciò accade, la ragione non pubblica (sociali e non private) entra in conflitto contro la ragione pubblica, infrangendo la reciprocità della non invadenza che fonda la società democratica .

 




Dopo avere definito la natura della ragione pubblica, Rawls passa a discutere della concezione politica della giustizia  come "contenuto" della ragione  pubblica . "Assumo che questa concezione sia, in senso ampio, liberale, il che significa tre cose: primo, essa specifica certi diritti, libertà e opportunità fondamentali (del tipo che ci è familiare grazie ai regimi democratici costituzionali); secondo, assegna a tali diritti, libertà e opportunità una speciale priorità, soprattutto rispetto alle pretese del bene generale e dei valori perfezionistici; terzo, sostiene misure che assicurino a tutti i cittadini i mezzi onnivalenti indispensabili per un uso effettivo delle libertà e opportunità fondamentali" (6).

 

Una  concezione della giustizia (7), secondo Rawls, è politica solo se si applica alla "struttura di base della società" (le principali istituzioni politiche, sociali ed economiche), e solo se è indipendente da ogni dottrina religiosa o filosofica . Questo significa che i principi della giustizia politica non possono appellarsi a dottrine religiose e filosofiche "comprensive" (che custodiscono ognuna una propria verità) , ma devono "basarsi su verità chiare, ampiamente accettate (oggi) dalla generalità dei cittadini o ad essa accessibili"(8). E' l'idea di giustizia come equità, in cui Rawls fissa un concetto essenziale: nessun cittadino, o  associazione che lo raggruppi, ha il diritto di usare il potere statale per decidere gli elementi costituzionali essenziali (i poteri dell'esecutivo, del legislativo  e del giudiziario; la regola della maggioranza; il diritto di voto ; la libertà di coscienza, di pensiero e associazione ; la protezione del governo dalla legge) secondo i dettami della sua dottrina comprensiva. In altri termini, per fare in modo che permanga continuativamente nel tempo una società giusta e stabile di cittadini liberi ed eguali (che restano profondamente divisi da dottrine religiose, filosofiche e politiche), Rawls introduce l'idea di "consenso per intersezione", secondo la quale i principi di giustizia, per l'ambito del politico, si radicano nello "spazio di intersezione" delle dottrine comprensive . "La condivisione della giustizia come equità si avvarrà delle ragioni che ciascuno ha, entro la propria dottrina comprensiva, per aderire ai valori politici fondamentali che la giustizia come equità ordina e specifica" (9).


La giustizia come equità rappresenta il nucleo del principio di neutralità liberale applicato alla varietà di dottrine comprensive (con tutto il loro portato di prospettive e di concezioni) "inevitabilmente presenti" in una società democratica .
Un esempio, illuminante a riguardo, è quello dei giudici, i quali, in special modo, non possono invocare la propria morale personale, le proprie idee religiose o filosofiche, né richiamarsi a valori politici, ma devono fare appello a quei valori politici (costituzionali) che esprimono il modo più ragionevole di intendere i valori politici di giustizia e di ragione pubblica. La loro responsabilità civile, e, per estensione, anche quella di ogni altro cittadino, deve fondarsi sui canoni della ragionevolezza e della razionalità . Il giudizio che il giudice formula ed il principio cui il cittadino si ispira, devono richiamarsi alla concezione politica che combina i valori della giustizia e della ragione pubblica .

 


 


Se, quindi, la democrazia tutela la varietà più ampia di dottrine elaborate dagli individui e non ha alcun diritto di intervenire nei loro riguardi,  d'altro canto, la dottrina ha l'obbligo, pena la sua soppressione, di non negare l'autorità politica (l'espressione della democrazia stessa) . "Il succo dell'ideale di ragione pubblica è che i cittadini devono discutere le questioni fondamentali entro quella che ognuno di loro considera una concezione politica della giustizia basata su valori tali che ci si possa ragionevolmente aspettare che anche gli altri li accettino, e ognuno deve essere preparato, in buona fede, a difendere tale concezione, intesa in questo modo . Ciò significa che ognuno di noi deve possedere, ed essere pronto a spiegare, un criterio per stabilire quali principi e regole orientative ci si possa ragionevolmente attendere gli altri cittadini (anch'essi liberi e uguali) facciano propri" (10) .


Prende corpo, quindi, lo scopo della ragione pubblica: articolare l'ideale politico di un popolo a governarsi in un certo modo . E' necessario che la costituzione si ispiri allo spirito di un popolo poiché, solo in questo modo, il popolo si riconosce in essa e rispetta, di conseguenza, i principi fondamentali che la determinano . Per rinsaldare continuamente il legame tra cittadino e democrazia, è basilare che ognuno tenga sempre a mente che oltre il parlamento, oltre la Corte suprema, oltre ogni forma di potere legittimo, vige la legge suprema del potere costituente del popolo che fonda la democrazia. Il mezzo attraverso cui questo potere  viene elaborato ed espresso è il discorso pubblico che riunisce, sulla base del confronto, le diverse dottrine comprensive dei singoli cittadini . Si accetta che la politica non venga guidata da una verità assoluta, ma da una variegata moltitudine di ragionevoli verità che concorrano a stabilire una scelta politica (valida, almeno, per la maggioranza) . Un'esigenza rimane ineludibile : "quello che chiede la ragione pubblica è che i cittadini siano in grado di spiegarsi reciprocamente" (11).


La netta cesura, praticata da Rawls, tra sociale e pubblico (cesura che non equivale a quella tra privato e pubblico) stabilisce regole di non invadenze tra sfere diverse: sulle  questioni politiche fondamentali non si devono mai introdurre, nella ragione pubblica, considerazioni esplicitamente formulate in termini di dottrine comprensive .
Questa definizione è incompleta se non si specificano i  limiti della ragione pubblica  che implica, ovvero quei limiti che servono a tutelare la libertà e l'autonomia individuale, e che variano a seconda delle condizioni storiche  e sociali . "Vorrei sottolineare che i limiti della ragione pubblica non sono, chiaramente, i limiti di una legge o di uno statuto, ma sono quelli che onoriamo quando onoriamo un ideale - quello di una democrazia in cui ogni cittadino cerchi di condurre i propri affari politici in conformità a valori pubblici tali che sia ragionevole aspettarsi che anche gli altri li accettino . E' un ideale che esprime anche la volontà di ascoltare quello che gli altri hanno da dire e la disponibilità ad accettare aggiustamenti o modifiche ragionevoli delle proprie idee" (12). L'accettazione di determinati limiti ha un corrispettivo nell'aumento della tutela e del grado di libertà e di autonomia del singolo .
La prospettiva di Rawls sulla ragione pubblica tende quindi a mettere in luce due concetti: anzitutto è centrale la posizione del dovere di comportamento civile come ideale democratico, e, in secondo luogo,  il contenuto della ragione pubblica è dato dai valori politici e dalle regole orientative di una concezione politica della giustizia. Il contenuto della ragione pubblica non è formulato, infatti, dalla moralità politica in quanto tale, ma solo da una concezione politica adatta a un regime costituzionale . "L'idea è, in conclusione, che i criteri del giudizio politico riflessivo devono orientarci nella valutazione, nella giustificazione, o meno, del quadro o della cornice costituzionale di una forma di vita collettiva democratica, stabile nel tempo" (13) .

 


 

(1) John Rawls, Liberalismo politico, Edizioni di Comunità, Milano 1994, p.183 .


(2) Salvatore Veca ritiene che, adottare, come ha fatto Rawls in  Liberalismo politico, il termine "politico" come sinonimo di "costituzionale", indichi l'intenzione dell'autore di indurre il lettore ad una riflessione critica sullo spazio che la teoria concede al processo o ai processi di deliberazione democratica, quasi che tutto consista nel "togliere dall'agenda dei processi, dei conflitti e delle controversie democratiche le questioni fondamentali della vita pubblica". (Salvatore Veca, La filosofia politica, Editori Laterza, Bari 1998, p. 106)

(3) John Rawls, op. cit. , p. 184 .

(4) Salvatore Veca, op. cit. , p. 104 .

(5) John Rawls, op. cit. , p. 187 .

(6) John Rawls, op. cit. , p. 191 .

(7) "Benché Rawls ponga l'accento sulla pluralità dei soggetti come necessario punto di partenza di ogni concezione della giustizia, quello della posizione originaria è comunque un ragionamento monologico . Rawls interpreta il processo della scelta  dei principi come una contrattazione, in cui tanti individui ragionano in privato pensando al proprio interesse . E' vero che in questo modello si presuppone una pluralità di soggetti e che ciascun soggetto, che ragiona per conto suo pensando al proprio interesse, sa benissimo che esiste una pluralità di altri soggetti che stanno facendo la stessa cosa e con i quali dovrà arrivare a un accordo . Ma le condizioni stesse a cui deve sottostare la scelta razionale in questa ipotizzata situazione originaria perché la si possa dimostrare imparziale, escludono non solo l'esistenza di differenze tra i partecipanti, ma anche qualsiasi discussione tra loro . Il velo di ignoranza circa la propria posizione che copre i partecipanti rimuove qualsiasi caratteristica differenziatrice, garantendo così che tutti ragioneranno a partire da identici assunti e dal medesimo punto di vista universale". (Iris Marion Young, Le politiche della differenza, p.128-129) .

(8) John Rawls, op. cit. , p.193 .

(9) Salvatore Veca, op. cit. , p.103 .

(10) John Rawls, op. cit. , p. 194 .

(11) Ibid. , op. cit. , p. 206 .

(12) John Rawls, op. cit. , p. 213 .

(13) Salvatore Veca, op. cit. , p. 105 .

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