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Cosa può accadere quando si vive di "innocente allegria e di spontanea gioia"? Valentin Bru, il protagonista del libro, è la risposta.

"Vide che Houssette lo credeva. Valentin, turbato, gli venne voglia di farlo ricredere. Ammirò la facilità con cui aveva creato nella mente razionale del droghiere una piccola zona di errore. Fin allora, aveva pensato che il linguaggio doveva enunciare la verità e il silenzio nasconderla. Le frasi che pronuncerebbe davanti ai clienti e alle clienti di madama Saphir, mica delle zone di errore che formerebbero, ma delle zone di turbamento dove l'illusione potrebbe restare in sospeso fino alla fine di una vita."

(Raymond Queneau, La domenica della vita, Einaudi, Trento 2009, pag.165)

Queneau gioca a sfilare via il sentimentalismo dalla colonna vertebrale del racconto. Che cosa rimane dell'individuo quando l'eccesso del sentimento che governa ogni istante della sua vita si dissolve? Pietà, tristezza, amicizia, amore, i moti dell'anima tutti, nella dose minima consentita per un essere umano: quale esistenza si può immaginare?

Qualcuno direbbe "molto vicino alle bestie", qualcun altro, invece, "molto vicino a Dio". Nell'oscillazione trai due opposti, Valentin assapora la sua vita.

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Libro in sorte

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