Nonostante la storia sia intrisa di avvenimenti truci, non si ha mai la sensazione di respirare il Male. Il vangelo di Saramago è l'odissea del bene. Il male è il bene che non si è compiuto. Il male è il bene represso, castigato, reciso. Questo approccio consegna all'intero libro una veste di candore e di poesia che neppure le innumerevoli stilettate dell'autore alla religione e a Dio, riescono a scalfire. Saramago è un ateo e, nonostante questo, sa introdurre il lettore in uno spazio sacro. L'esperienza del divino vive nella forma poetica dell'anima dello scrittore e, quindi, nelle sue parole.
"Bisogna lasciare che il fuoco del cielo si estingua da solo."
(José Saramago, Il vangelo secondo Gesù, Bompiani, Milano 1998, pag.201)
L'autore parla di un uomo agli uomini. La vita vera di un individuo raccontata a chi può comprendere la verità, facendosi beffe dell'irrazionale.
"...il miracolo, proprio il miracolo, nonostante quanto ci dicono, non è mica una cosa buona, se bisogna piegare la logica e la ragione intima delle cose per renderle migliori."
(José Saramago, Il vangelo secondo Gesù, Bompiani, Milano 1998, pag.60)
I vertici dell'emozione, però, vengono raggiunti quando l'autore parla di amore. Poco importa la blasfemia se si è capaci di descrivere con grazia cosa significa amare. Le parole rimangono nell'anima.
"Voglio essere ovunque sia la mia ombra, se là saranno i tuoi occhi."
(José Saramago, Il vangelo secondo Gesù, Bompiani, Milano 1998, pag.336)
Se l'autore si fosse fermato alle soglie dello spazio sacro senza profanarlo e senza giudicarlo, il libro sarebbe stato un capolavoro.
Poiché il male è davvero il bene che non si è copiuto.