Gli uomini hanno sete di sfide. Ogni cultura propone le proprie sfide. Ci sono però due scenari dai contorni labili. Il primo racconta di sfide che ruotano intorno alla fisicità, allo scontro tra i corpi laddove soltanto alla fine il risultato ricade anche sul pensiero. Il secondo, invece, è lo spazio della mente dove le sfide sono virtuali, ma segnano i corpi sin dall'inizio. In questa circostanza, forse, il carattere individuale fa la differenza sia nel bene sia nel male.
“Come a tutti i caratteri ostinati, gli mancava ogni senso del ridicolo..."
(Stefan Zweig, Novella degli scacchi, Einaudi, 2013)
Ciò che conta nella sfida è comunque la visione del mondo che il singolo individuo possiede. E' la nostra visione del mondo che crea il perimetro all'interno del quale agiamo e pensiamo.
“Tutti i generi di persone monomaniache, chiuse in un'unica idea, mi hanno sempre interessato, perché più uno si circoscrive, tanto più, d'altra parte, è vicino all'infinito; proprio questi tipi in apparenza lontani dal mondo si costruiscono nella propria materia, a mo' di termiti, una straordinaria e singolarissima epitome del mondo."
(Stefan Zweig, Novella degli scacchi, Einaudi, 2013)
Durante una sfida non deve mancare mai il senso delle cose. La perdita del senso delle cose causa uno sbandamento che condiziona sia il corpo sia la mente e che non consente più di affrontare l'avversario lasciandoci in balia degli eventi.
“...non ci facevano alcunché - ci collocavano solo nel nulla totale, perché, come è noto, nessuna cosa sulla terra esercita una tale pressione sull'anima umana, come il nulla."
(Stefan Zweig, Novella degli scacchi, Einaudi, 2013)
Che cosa è dunque la vita se non una serie continua di sfide?