Nel momento in cui la comunicazione tra gli individui non interessa più la costruzione di uno spazio della convivenza definito secondo ragione, padrone del campo diventa l'interesse particolare (dell'individuo o dei membri delle organizzazioni), il cui fine ultimo è imporsi su tutti gli altri, rimuovendo l'alterità e la diversità che gli oppongono la necessità di un confronto. La fluidità della dimensione pubblica si irrigidisce lentamente nei miseri scopi individuali o di gruppo, trasformando la varietà dei contributi all'elaborazione ed alla soluzione dei problemi politici, in "mire espansionistiche" di fazioni che agiscono ognuna per proprio conto ed in conflitto con le altre (l'alleanza è, sempre più, puro opportunismo e, sempre meno, collaborazione per uno scopo comune). Appropriarsi dei "beni comuni" che offre lo spazio pubblico senza dare in cambio nulla, sentirsi in dovere di prendere e mai di offrire alcunché, non partecipare attivamente alla politica, porta inevitabilmente all'impoverimento della sfera pubblica.
Le istituzioni sono, tra i beni comuni, le prime a farne le spese in quanto perdono di valore, poiché il cittadino non ritiene più che siano un valido tramite per ottenere il pieno soddisfacimento dei propri bisogni e di quelli della comunità. Ma non riconoscere il valore delle istituzioni significa inevitabilmente astenersi dal trasformarle, e questo rappresenta un potenziale impasse politico se si riflette sul bisogno incessante di adeguarle alle trasformazioni della realtà perché risultino efficaci. Il risultato è l'invecchiamento delle istituzioni (mancanza di aderenza con il reale, cui, anzi, resistono per eccessiva rigidità) e la conseguente perdita di valore anche degli altri "beni comuni" ("diritti soggettivi, interessi legittimi… il patrimonio di beni comuni e pubblici che l'individuo eredita dal passato o trova intorno a sé…" (10)).
Il fatto è che perde di valore una vera e propria "matrice", ovvero l'intreccio tra l'agire individuale e la comunicazione razionale: se crollano le istituzioni, quel complesso di atti su cui si fonda e si stabilisce la società odierna, è inevitabile che l'azione perda di senso poiché vengono a mancare le fondamenta su cui potere "edificare" ed i limiti sui quali farlo. Altrettanto inevitabile sembra il fatto che la comunicazione razionale si estingua in uno scambio informale di notizie, dati e informazioni, in quanto viene adombrato l'obiettivo cui la comunicazione razionale dovrebbe condurre: la soluzione, condivisa secondo ragione, dei problemi sociali. Si dissolve, pertanto, il vincolo della comunità, quel patto che permette ad ognuno di avere di più di quello che potrebbe conseguire da solo per il fatto di collaborare con altri. "E' la negazione del nesso fiscale, inteso come 'contratto' del dare e dell'avere tra individuo e collettività, tra presente e futuro sociale, tra spazi di libertà individuali e dotazione complessiva in beni pubblici e comuni. Nel nesso fiscale individui e gruppi si legano deliberatamente ad autorità legittimamente costituite, nel senso di accettare di dover 'dare qualcosa' per ottenere in cambio beni pubblici. Se questa classe di beni viene svalorizzata o se si danno le condizioni per sistematiche defezioni abbiamo, in principio e in tendenza, la negazione pratica e il rifiuto deliberato della sfera pubblica" (11). Un "lento declino" si profila nell'incapacità del singolo individuo (acquisita e non naturale) di agire come cittadino razionale all'interno di una comunità . La prova è data dalla realtà dei fatti: l'individuo perde sia la capacità di formulare problemi che aderiscano alla realtà (elaborare problemi oggettivi), sia la creatività per proporre soluzioni a quei problemi (il gruppo non si amalgama e le argomentazione dei singoli faticano a tradursi in sintesi di gruppo). Nello spazio pubblico ogni ruolo (12) tende a cristallizzarsi, impedendo agli individui di confrontare le proprie idee, di immaginare punti di vista diversi, variazioni di pensiero derivate dal tentativo del singolo di immedesimarsi nelle ragioni altrui, al fine di giungere ad una conclusione più fruttuosa, in quanto miscela di idee personali ed idee contrarie. L'abbandono momentaneo delle considerazioni personali per ponderare idee alternative, infatti, mira a rendere prolifico il ritorno al proprio partito, in quanto il confronto con qualcosa di completamente diverso spinge a riconsiderare i punti di vista iniziali e, di conseguenza, ad aumentare la conoscenza del problema, garantendo una più articolata possibilità di giudizio su eventuali soluzione o critiche.
Il privatismo, invece, la tendenza, diffusa nella società, di volgere le spalle alla politica, è l'esplicarsi di un grave problema: i cittadini non hanno più alcuna intenzione di ritenersi responsabili di ciò che accade e non hanno più alcuna intenzione né di addossarsi colpe né di risolvere i problemi che la società continuamente ripropone, nonostante il principio della società dovrebbe essere il movimento permanente, la continua trasformazione (forse unica salvezza per il genere umano dall'asfissia di un paradiso noioso e sempre uguale a se stesso). E' vivere in uno "stato di minorità", proprio di coloro che non sono in grado di assumersi la responsabilità di ciò che rappresentano e di ciò che fanno, e quindi, inevitabilmente, di prendere una posizione politica ragionevole nella vita. "In parte la dimensione pubblica è diventata latente ed anche oscurata, specie nel senso comune . In parte è trasmigrata altrove . La fenomenologia degli attivismi sociali fa pensare che ci sia un nomadismo dell'agire . Esso attualmente non riesce a trovare nelle forme della politica istituita il suo spazio vitale. Si sposta verso altre zone latamente civili…La sfera pubblica allora si dilata ed insieme si virtualizza, pronta a riattivarsi nomadicamente dove occorre, se ci sono le capacità individuali ed istituzionali per farlo . Del modello classico riteniamo almeno questo: la sfera pubblica è dove ci sono affari pubblici, e questi sono quegli affari nei quali si riconsidera collettivamente lo scarto tra norma e azione, tra modello e prassi, tra desiderabile e possibile . Ci vogliono capacità per attivare questo processo" (13).
In verità, manca un'educazione civica, ed intendo, con ciò, l'insegnamento dei limiti all'interno dei quali il singolo deve agire politicamente e dei i mezzi leciti attraverso i quali mettere a frutto le proprie capacità e raggiungere, nella dimensione pubblica, sia gli obiettivi personali sia quelli comuni. L'educazione civica, infatti, è il mezzo attraverso il quale rendere coerente l'esistenza di un individuo all'interno di una comunità politica: stimola la volontà di approfondire i problemi, di formarsi delle idee, di uscire dalla pressione del "contesto pubblico" e prendervi parte senza provare un senso di inettitudine . Insegna a lanciare "una sfida alla perfezione" progettando, di continuo, forme di vita diverse da quelle del passato, mettendo in discussione e ridefinendo quelle attuali o cercando, se riconosciute inefficaci, di sostituirle.