Il primo approccio, quello "storico-mediologico", di cui Habermas è uno dei più illustri rappresentanti, parte dalla nozione "di agire comunicativo" come modalità d'azione fondamentale nella vita democratica . "In sostanza, egli sostiene che una democrazia, se vuole restare tale, deve non solo tutelare, ma anche promuovere un particolare agire comunicativo pubblico, un agire che privilegia la deliberazione razionale, soprattutto in quei casi in cui più attori sono chiamati a decidere su questioni di fronte alle quali, in partenza, non c'era accordo" (5) . In questo caso, l'idea stessa di "democrazia rappresentativa" si fonda sull'intreccio delle comunicazioni tra i cittadini (sulla società civile o sfera pubblica), sul dibattito a tutti i livelli della società, e su tutti i temi che riguardano il paese (la libera comunicazione e discussione delle idee, in una situazione ideale, richiede che i cittadini siano in possesso di una "competenza comunicativa", essenziale in un'etica democratica del discorso, ovvero dei requisiti di senso, verità, veridicità e giustezza). Quanto più è vivo questo dibattito, tanto più ne guadagna l'attività dei governanti, stimolata nella definizione delle politiche e sottoposta a controllo.
Il problema nasce nel momento in cui la società civile perde il suo grado di autonomia nel formulare questioni politiche per essere sempre più manipolata dai mass media commerciali (la televisione è l'esempio più eclatante del fenomeno): il dibattito razionale si stempera in una pseudo-discussione, e l'incontro degli individui si predefinisce su schemi costruiti ad hoc. Secondo Habermas, la società civile è stata sottoposta ad una vera e propria mercificazione. Il dibattito autentico, infatti, è stato soppiantato da relazioni informali, ed i temi politici, i candidati al governo, sono diventati "prodotti" preconfezionati alla stregua di altri beni di consumo.
Questo non significa che i discorsi che si svolgono tra gli individui nelle comunità virtuali, per strada, in ufficio, non nascano spontanei e non formino un "tessuto" di libera comunicazione. E neppure che la sfera pubblica della società democratica (lo spazio di tali molteplici relazioni) sia una pura finzione. Significa che, nel momento in cui il dibattito coinvolge un numero tale di cittadini da non poterli raccogliere fisicamente in un unico luogo (per esempio gli stati nazionali contemporanei), lo scambio delle idee è molto influenzato, soprattutto politicamente, dai cambiamenti della tecnologia comunicativa (la comunicazione di un "pubblico" così esteso esige determinati strumenti di diffusione e influenza), a tal punto che i giornali, la radio, la televisione, e la Rete (i mass media che entrano in gioco nella sfera pubblica) diventano pericolosi strumenti di condizionamento. Il potere di costruire, attraverso questi strumenti, l'opinione pubblica, e di catturare l'attenzione della maggioranza dei cittadini mediante spettacoli elettronici, degenera, minando le basi stesse della democrazia. Lo spazio dei media si trasforma in spazio pubblicitario, la sfera pubblica in "lattina" o in "surgelato", ed il "prodotto" pronto per essere servito ai consumatori mette in "svendita" la democrazia", "mercifica" la sfera pubblica. In tal modo, secondo Habermas, il sistema sociale tende a "colonizzare" il "mondo della vita" (la realtà concreta, più immediata e ovvia, che emerge dal vissuto quotidiano).